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Aldilà digitale, i rischi dalle app afterlife

Aldilà digitale, i rischi dalle app afterlife

Dai sensi di colpa alle pubblicità, appello per nuove regole

10 maggio 2024, 18:36

di Leonardo De Cosmo

ANSACheck

Visualizzazione di un 'azienda immaginaria specializzata nell 'aldilà digitale (fonte: Tomasz Hollanek) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Dalla manipolazione attraverso i sensi di colpa all’impossibilità di elaborare un lutto fino all’inserimento di annunci pubblicitari direttamente dall’aldilà: sono solo alcuni dei rischi concreti che si sono aperti con la nascita delle app afterlife, una sorta di aldilà digitale che permette di conversare con persone defunte. Ad analizzarne i rischi è lo studio pubblicato sulla rivista Philosophy & Technology sono Tomasz Hollanek e Katarzyna Nowaczyk-Basińska dell’Università britannica di Cambridge.

I rapidi progressi delle chat basate sull’Intelligenza Artificiale hanno aperto le porte a servizi finora immaginabili. Fra questi ci sono le cosiddette app afterlife, chat capaci di replicare le caratteristiche di persone defunte. Dopo aver analizzato testi o registrazioni di un nostro caro estinto sono in grado di parlare, scrivere e dialogare esattamente come loro. App di questo tipo sono già in commercio, tra le più recenti ci sono Project December e HereAfter, che pagando un abbonamento mensile garantiscono di poter mantenere vivo digitalmente un caro estinto.

Ma cosa succederebbe se app di questo tipo iniziassero a proporre offerte commerciali, attraverso ad esempio la voce di una nonna, oppure manipolassero psicologicamente gli utilizzatori? E’ un tema di cui dibattono ormai molti eticisti e i ricercatori di Cambridge hanno provato a immaginare tre possibili scenari di un futuro prossimo, con possibili rischi e contromisure. 

E' emerso che, sebbe i più esposti siano minori e persone fragili, nessuno può dirsi immune: “il potenziale effetto psicologico, soprattutto in un momento già difficile, potrebbe essere devastante”, ha detto Nowaczyk-Basińska. Occorre capire come normare, mitigare i rischi sociali e psicologici dell’immortalità digitale, “perché la tecnologia è già qui”, concludono gli autori della ricerca.

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